Abitate dalla Parola, tracciamo sentieri di speranza nella rete

Mons. Domenico Pompili

Abitare

Abitare è tipicamente umano. Solo gli esseri umani “abitano”. Come scriveva Ivan Illich. «In numerose lingue, “vivere” è sinonimo di “abitare”. Chiedere “dove vivi?” significa chiedere qual è il luogo dove la tua esistenza quotidiana forma il mondo. Dimmi come abiti e ti dirò chi sei».

Abitare è tipicamente umano perché presuppone un rapporto consapevole − fatto di scelte, sulla base delle condizioni presenti, e responsabile − fatto di relazioni con l’ambiente e con le persone. Le città italiane, con le loro piazze e le loro vie transitabili a piedi (a differenza delle megalopoli, dove le strade sono fatte per essere percorse in macchina) sono un esempio unico al mondo di sintesi tra bellezza, storia, socialità, dove gli “spazi comuni” sono altrettanto importanti di quelli privati.

Come ben sanno gli antropologi, l’abitare si pone in rapporto con una tradizione (con gli stili abitativi che si ricevono dalla propria cultura; con i significati e valori che si “traducono” nelle forme e nelle pratiche dell’abitare), ma contempla anche la possibilità di “fedeltà creatrice” e di innovazione.

Abitare significa dare forma al mondo, o, con le parole di Illich, «essere presenti nelle proprie tracce, lasciare che la vita quotidiana iscriva la trama della propria biografia nel paesaggio». Abitare è un’arte che si acquisisce e si trasmette per via esperienziale; non all’interno dello spazio tridimensionale e omogeneo che hanno in mente gli architetti, ma all’interno di mondi relazionali e di comunità che hanno una storia, un’identità, delle relazioni. Illich distingue opportunamente tra risiedere e abitare: il residente occupa un mondo fabbricato da altri, che riceve “chiavi in mano”; l’ambiente, poi, non è considerato un bene comune da salvaguardare a vantaggio di tutti, ma una risorsa da sfruttare per massimizzare funzionalità e profitto, salvo poi produrre l’opposto: certe nostre periferie (anche se pianificate da grandi architetti) e certi quartieri-dormitorio ne danno un triste esempio. La differenza tra abitare e risiedere è anche discriminante rispetto a vecchie (materiali) e nuove (relazionali) povertà. 


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